E alla fine Brexit fu. – Lions Club – Distretto 108 L

E alla fine Brexit fu.

28 giugno 2016, 18:28

Durante la conferenza su etica e finanza organizzata lo scorso 8 giugno da molti club romani che mi ha visto relatore, uno degli argomenti che sono stati toccati è stato proprio il referendum a cui sarebbero stati chiamati di li a poco gli abitanti della Gran Bretagna sulla permanenza o meno nell’Unione Europea. Eravamo tutti abbastanza convinti che i britannici avrebbero scelto la permanenza nell’Unione e invece nella notte tra il 23 ed il 24 giugno si è compiuto il fato che ha portato, contro ogni pronostico della vigilia, la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea.

Nei giorni precedenti al referendum i sondaggi davano, pur se con un margine assai risicato, il fronte del remain (dentro) in vantaggio sul leave (fuori). E invece al termine dello spoglio dei voti il verdetto è stato leave.

Le analisi politiche del perché si sia deciso in questo modo sono varie e le più disparate e le lasciamo ad altri, noi per capire ci baseremo su dati certi. Elevata è stata l’affluenza al voto. Si sono recati ai seggi il 72,2% degli aventi diritto. Il 51,9% degli elettori ha votato a favore del leave contro il 48,1% che si è espresso per il remain. Gli elettori inglesi hanno votato per il 53% a favore del leave, esattamente come quelli gallesi, mentre gli elettori scozzesi hanno votato in maggioranza a favore del remain, come quelli nord irlandesi (62% i primi, 56% i secondi). Nelle grandi città la maggioranza si è espressa a favore del remain, così come la popolazione giovane rispetto a quelli più anziani e delle aree più rurali che hanno votato in maggioranza per il leave.

 

 

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Ed ecco che possiamo cominciare a trarre una prima conclusione. Come si può facilmente vedere dalla cartina, il Paese è diviso in due. Il nord è a favore della permanenza mentre il sud si è dichiarato autonomista.

Ricordiamo che la Scozia nel settembre 2014 ha votato per un referendum che doveva decidere per la permanenza della regione nella Gran Bretagna. Gli unionisti vinsero con il 55,3%. Non è escluso però che la Scozia riproporrà ai suoi abitanti un nuovo referendum secessionista dalla Gran Bretagna e, in caso di vittoria, chieda di rientrare nella UE.

Alta spaccatura che ha denunziato questo referendum è quella generazionale. La parte più giovane del paese, insieme ai residenti delle grandi aree urbane notoriamente più cosmopoliti, hanno votato per rimanere, al contrario della parte più anziana della popolazione.

 

 

 

 

A proposito di giovani, che ne sarà della folta e giovane comunità italiana che studia e lavora, principalmente a Londra, ma in tutto il Regno Unito? Che succederà ad un nostro figlio o nipote che volesse studiare, fare uno stage, o semplicemente trascorrere un periodo in GB per perfezionare la lingua inglese?

I più informati sostengono che nulla cambierà per chi già li si trova, per il futuro sarà necessario ottenere visti, permessi di soggiorno e quant’altro fosse necessario. Sul piano politico un primo effetto si è già generato con le dimissioni annunciate del Premier britannico David Cameron, il quale ha affermato che toccherà ad altri rendere esecutivo l’art. 50 del trattato di Lisbona che disciplina appunto l’uscita dalla UE di uno Stato membro. Della Scozia e della probabilità, peraltro già annunciata, della richiesta di un nuovo referendum secessionista dalla GB abbiamo già detto. Questa richiesta potrebbe essere seguita anche da Galles e Irlanda del Nord, la cui secessione francamente vediamo assai improbabile, ma le cui richieste acuirebbero le tensioni politiche nazionali. La divisione mostrata dal Paese rende più debole qualunque prossimo governo, senza contare che senza la UE alle spalle il peso del Regno Unito sulla scena internazionale è diminuito.

Anche dal punto di vista della UE, l’uscita della GB sposta l’asse politico verso l’Europa continentale. Francia e Germania, in particolare, avranno bisogno di rafforzare la cooperazione tra di loro, ma anche con i Paesi periferici, Italia in primis, onde scongiurare l’ipotesi di una Europa germano-centrica più di quanto non lo sia ora. Inoltre se all’interno dell’Area Euro non immaginiamo scossoni particolari, non è escluso che altri Paesi Europei possano seguire la strada intrapresa dalla GB. L’Olanda ha già annunciato che sta valutando l’opzione.

Ma veniamo agli argomenti che più ci sono consoni. Che avverrà sul piano economico e finanziario? Anche qui nessuno può saperlo con certezza. Il percorso per l’uscita effettiva della Gran Bretagna dalla UE è abbastanza lungo, si stima che occorreranno almeno due anni per rivedere e riscrivere i trattati commerciali e perfezionare tutto l’aspetto burocratico. Ciò non toglie che Brexit apre un periodo d’incertezza che peserà sulla domanda interna britannica e potrebbe far precipitare l’economia britannica in recessione, o comunque in un periodo di forte contrazione. Questo non dovrebbe essere sufficiente a mettere in pericolo la lenta ripresa economica in atto nella Zona Euro che è principalmente trainata dalla domanda interna. L’impatto di Brexit viene stimato dagli economisti sulla crescita della Gran Bretagna in misura di 1,4% del Pil nel 2017, contro lo 0,3% sulla crescita della Zona Euro.

Nell’immediato gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Solo oggi le Borse mondiali sono crollate in modo pesante. La peggiore l’Italia che fa segnare –12,48%, passando per Madrid -12,35% e via le altre con Londra che è quella che tiene meglio con -3,15%. Anche le Borse americane, solitamente meno volatili, hanno chiuso una giornata in forte calo con perdite superiori al 3,50%.

Altro forte impatto è quello valutario. Il crollo della sterlina verso euro e verso dollaro è visivamente evidente.

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Anche lo spread tra i titoli decennali tedeschi e quelli dei paesi periferici dell’UE si è mosso al rialzo. Ma questo è più dovuto all’effetto della riduzione dei tassi tedeschi che all’innalzamento di quelli degli altri Paesi. I bond tedeschi e americani sono stati comprati massicciamente in quanto per gli investitori rappresentano un investimento sicuro.

Ma da lunedì cosa accadrà sui mercati? Difficile dirlo con sicurezza. Il crollo di oggi è dovuto principalmente alla paura e all’incertezza. Visti i livelli raggiunti dai principali indici potremmo vedere qualche acquisto in via speculativa. Non sappiamo. L’unica cosa certa è che la padrona assoluta dei mercati azionari sarà un’altissima volatilità, almeno fino a quando non sarà del tutto chiaro quale impatto avrà Brexit sull’economia mondiale.

Sul fronte obbligazionario, superato questo momento di forte fly to quality verso il debito sovrano americano e tedesco, dati i rendimenti negativi che attualmente queste asset offrono, dovremmo vedere un graduale riposizionamento verso i bond corporate (societari) di elevata qualità e verso qualche high yield soprattutto di paesi extra UE.

Sul fronte cambi, la sterlina dovrebbe essere destinata a rimanere su questi livelli, se non più bassi, per diverso tempo, mentre il cambio Eur/Usd e Eur/Jpn dovrebbe assestarsi sui livelli pre Brexit.

In conclusione l’uscita della Gran Bretagna dalla UE è un terremoto le cui proporzioni al momento sono difficili da calcolare. La sfida per i britannici è quella di evitare una profonda recessione e negoziare nuovi accordi commerciali senza aumentare l’incertezza. Dall’altra parte le istituzioni UE dovranno gestire l’effetto contagio verso alcuni Paesi che al momento si dichiarano euroscettici. Un ruolo chiave lo giocherà proprio l’Italia che sta consolidando il proprio peso all’interno dell’Unione e dovrà continuare a spingere per rafforzare un ruolo federale nell’Unione insieme a Germania e Francia e insieme a loro diventare il nuovo nucleo portante della Ue.

 

Roma 24 giugno 2016

Salvatore Condorelli

Tesoriere Distretto 108L

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