La tradizione nel deserto, lo sviluppo in città… il Lions Club Perugia Concordia incontra Piergiorgio Pescalli – Lions Club – Distretto 108 L

La tradizione nel deserto, lo sviluppo in città… il Lions Club Perugia Concordia incontra Piergiorgio Pescalli

22 maggio 2014, 17:52

“La tradizione nel deserto, lo sviluppo in città: han e uiguri nello Xinjiang”

 

Lai, un giovane  ragazzo cinese di etnia han, interviene per  ringraziare Piergiorgio Pescali che, con la  conferenza  dal titolo “La tradizione nel deserto, lo sviluppo in città: han e uiguri nello Xinjiang”, gli ha permesso di  conoscere rilevanti aspetti di una delle  etnie presenti in Cina, quella uigura.

 

Nella bellissima sala, in cui il giovanissimo Carlo Goldoni nel 1720 mise in scena   la  sua prima commedia durante una festa di Carnevale, avendo seguito il padre, allora  medico, a Perugia,   il LIONS Club Perugia Concordia,  in collaborazione con l’Università per Stranieri, ha accolto con entusiasmo il giornalista “freelance” che collabora da anni con i più diffusi media   italiani e stranieri, profondo conoscitore dell’Asia , ed in particolar modo dell’Indocina, da cui il titolo del suo primo libro.

 

Gli uiguri,  il cui nome significa “uniti”, sono una minoranza etnica cinese turcofona di religione musulmana che abita lo Xinjiang, la “Nuova frontiera”, il “Far West” cinese, o meglio il “Turkestan orientale”, come loro preferiscono chiamare il luogo in cui vivono, ai confini  con le regioni occidentali della Cina, la Mongolia, il Tibet, l’India, il Pakistan e l’Afghanistan, il Tagikistan, e ancora il Kirghizistan e il Kazakistan.

 

La forte irradiazione e la straordinaria limpidezza dell’aria,  quasi da poterla respirare, i colori intensi delle fotografie, tanto da potercisi immergere, le musiche incalzanti che sottolineano le danze tradizionali degli uiguri ritratti nelle immagini. Maestose sacre montagne, ampie praterie, foreste di conifere, meravigliosi raccolti di cereali e frutta, e sorrisi sdentati di timidi bambini incuriositi, donne nei loro “hiyab” sgargianti e uomini fieri, inquadrati nelle attività quotidiane,  e ancora asini, cammelli, montoni.

 

La regione più arida della Cina, lungo la Via della Seta, occupata in larga parte dal deserto di Taklimakan, ricca di vasti giacimenti di idrocarburi e carbone e di altri utili minerali, è testimone di un veloce processo di sinizzazione portato avanti dal governo di Pechino, per cui la percentuale di cinesi di etnia han sul totale della popolazione dello Xinjiang supera oggi il 40%.

 

Gli uiguri assistono impotenti alla trasformazione demografica, da loro considerata una minaccia alla conservazione della cultura etnica uigura.  Un deserto di cemento si erge oggi nelle città, con edifici altissimi, pronti ad ospitare la crescente popolazione che qui si sta trasferendo, risucchiando le tradizionali costruzioni uigure.

 

Da un lato le aspirazioni d’indipendenza e il risentimento degli uiguri nei confronti di quella che viene percepita come una repressione della cultura non han, dall’altro il risentimento dei cinesi han nei confronti di tali aspirazioni e della politica di autonomia etnica da parte della Repubblica Popolare Cinese, percepita come discriminatoria verso i cinesi han.

I sostenitori dell’indipendenza dello Xinjiang ritengono che il controllo cinese e le politiche di  costruzione dello Xinjiang siano segni tangibili dell’imperialismo cinese. Queste tensioni occasionalmente provocano seri contrasti, sia etnici che religiosi, seguiti da incidenti e violenti scontri tra il governo centrale e la popolazione locale, che teme di vedere definitivamente compromessa e snaturata la propria identità socioculturale.

 

La lingua parlata dalla popolazione dell'”East Turkestan”, orgoglio ed unità degli uiguri, costituisce anche la sua limitazione in quanto la popolazione, non conoscendo il cinese mandarino, lingua parlata negli uffici pubblici e dalla popolazione han, non può usufruirne quale ascensore sociale.

Nessuna limite alla procreazione, tradizioni gastronomiche di origine araba, commistione di tratti fisici fanno dello Xinjiang una regione  “autonoma” di cui gli uiguri rivendicano i territori e l’affermazione politico-culturale.

 

 

L’incontro si è concluso con domande ben calibrate ed interessanti poste dal pubblico, estasiato dalla bellezza dei paesaggi, dai colori degli abiti tradizionali uiguri, dall’atteggiamento comunque sereno della popolazione ritratta, quasi rassegnata  di fronte ai cambiamenti che stanno stravolgendo la loro terra.

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