4 ottobre 2015, 22:14
QUALI VERITA’ NEL PROCESSO MEDIATICO
Questo il tema del convegno tenutosi alla Fondazione Cariciv il 25 settembre 2015, organizzato dal Lions Club Civitavecchia Santa Marinella Host. Dopo la presentazione da parte della presidente Giusy Gurrado dei relatori Gino Saladini, medico legale esperto criminologo, Fabio Viglione, avvocato penalista, cassazionista e di Grazia Graziadei, giornalista di Rai 1 in veste di moderatrice. L’avvocato Viglione ha fatto un quadro a 360 gradi sulle varie implicazioni che hanno oggi i media, specialmente quelli televisivi, nell’aumentare il clamore dei fatti di cronaca esasperando i retroscena per catturare quanta più audience possibile. In realtà ci troviamo oggi, egli asserisce, di fronte a tre verità: quella mediatica, quella giudiziaria e quella reale. La prima viene, anche se indirettamente “suggerita”, mediante talk show, interviste, pubblicazione di intercettazioni, per assecondare la pressante richiesta dell’opinione pubblica di conoscere un colpevole. In realtà il vero obiettivo è spesso quello di accrescere l’audience scovando, se possibile, nascoste morbosità e particolari pruriginosi. Le seconda verità, quella giudiziaria, quella cioè regolata da ben codificate procedure e basata su fatti provati, ha invece tempi lunghissimi ma che, non raramente, può essere distorta dall’influenza mediatica, e come ha fatto notare Grazia Graziadei, citando la recente sentenza della Cassazione riguardo al caso Meredith, in cui si afferma che nei precedenti gradi di giudizio ha purtroppo avuto un peso non indifferente la pressione mediatica. La terza verità, quella reale, è quella che arriva (se arriva) per ultima ma spesso viene velata dal dubbio precedentemente insinuato nelle interminabili kermesse mediatiche e dalle tracce indelebili lasciate sui social network. Il Dott. Saladini, essendo ormai sempre più protagonista nei talk show, ha rivelato alla platea ciò che sta dietro queste kermesse mediatiche che, con un neologismo anglosassone, definisce “popjustice”. E’ la TV del dolore, condita da pruderie in cui ogni delitto diventa fiction. Sia pur sotto regole dettate dal rispetto di codici etici si scivola inevitabilmente nella necessità di assicurare audience, mettendo così sul campo avvocati, esperti e tuttologhi per soddisfare la lecita sete di trovare una plausibile verità. Qual è il pericolo oltre quello di additare presunti colpevoli? Quello di suscitare vojeristiche morbose curiosità in quello che egli definisce “homo videns”. Così gli vengono dati in pasto mediamente 100 ore settimanali di trasmissioni che riguardano esclusivamente fatti di cronaca nera. L’avvocato Viglione ha comunque ribadito, nel corso del convegno, che ciò che si chiede non è l’oblio della cronaca ma la sobrietà nell’esposizione dei fatti e assieme a ciò che ha anche aggiunto Grazia Graziadei la necessità del rispetto della dignità della persona che fino a prova contraria viene a trovarsi oggetto del processo mediatico.