12 novembre 2015, 1:48
Molti si chiedono cosa rimarrà della Esposizione Universale ora che tale manifestazione si è conclusa. Che eredità ci lascia, che insegnamenti ci ha dato. Queste sono le domande che mi faccio e che sento fare legittimamente a molti. Ma andiamo con ordine. Il giorno 1 settembre 2014 entravo, con i miei colleghi, in Expo con la qualifica di direttore generale construction, a valle delle inchieste giudiziarie che hanno contraddistinto un periodo buio della società Expo2015. Tutto era caos, tutto era fermo. A guardare indietro mi rendo conto di quanto fossi ignorante su Expo; non ne sapevo nulla, non sapevo neanche a cosa servisse. Il giorno 1 maggio 2015, di contro, tutto era compiuto, pronto per ricevere i visitatori. La battaglia per rendere tutto usufruibile era stata vinta, in tempi record. Ora che osservo il Decumano deserto, il padiglione del Giappone privo di code, così come Palazzo Italia nella sua solitudine, dopo le immense folle, capisco la grandezza di questa Esposizione Universale, nonché gli insegnamenti che ci ha lasciato, soprattutto ai quasi ventidue milioni di persone che lo hanno visitato e vissuto. Molte persone hanno inteso questa esposizione come un grande luna park, come una festa di paese più in grande; altri hanno percepito la grandezza delle architetture delle costruzioni; altri ancora hanno vissuto l’esperienza di convegni e dibattiti su cibo ed energia che quotidianamente avevano luogo all’interno del sito espositivo. Devo dire francamente che i primi hanno mancato una grande occasione! Hanno percepito il solo aspetto che non contava, quello della visione superficiale e fuorviante. I secondi hanno gustato le bellezze architettoniche espresse dai più grandi architetti del mondo come Foster, de Lucchi, Molè ed hanno forse assaporato le delizie culinarie iraniane piuttosto che algerine o italiane. Hanno, quindi, vissuto un’esperienza visiva e degustativa unica nel suo genere. I terzi, invece, hanno vissuto una esperienza unica, quella cioè di conoscenza del tematismo dell’Expo milanese. Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita. Le varie metodologie di coltivazione esposte e spiegate all’interno dei padiglioni erano innumerevoli: da quelle israeliane a quelle algerine che mostravano innovazioni sostanziali per iniziare a sfruttare anche zone particolarmente aride; agli allevamenti modello statunitensi o argentini, dove venivano mostrate le varie tecnologie legate ad un allevamento eco-sostenibile. Poi, all’interno di alcuni padiglioni si potevano vedere le tecniche per estrarre l’acqua dall’umidità dell’aria, oppure come risparmiare il bene acqua o come produrre energia dal sole con tecnologie all’avanguardia. Nei padiglioni un po’ lontani dal decumano si sono svolti numerosi convegni a cui hanno parte esperti di tutto il mondo legati al cibo ed all’energia, con la partecipazione di esperti e dei visitatori. Questi hanno quindi vissuto la vera essenza di Expo. E la vera essenza è anche quella vissuta dai più piccoli perché è alle giovani generazioni che si rivolgeva Expo, sono loro che dovranno cambiare il corso delle cose, sono loro che dovranno mettere riparo alle malefatte delle nostre generazioni. Loro sono il Futuro. Il linguaggio simbolico ma anche palese legato ai cinque sensi si rivolgeva proprio a loro. Per me che ho realizzato con i miei colleghi tutte le opere, e dove c’è un pezzo importante della mia vita, l’orgoglio di aver realizzato qualcosa che è servito a trasmettere un messaggio universale di speranza e di Pace. Ho visto intorno ad un tavolo guardarsi con odio israeliani ed iraniani, ma alzarsi poi dallo stesso tavolo con un intento comune e condiviso. Anche questo è stata Expo, non dimentichiamocelo e non dissipiamo questo immenso patrimonio che abbiamo ereditato da un evento universale. Ora in molti si appropriano di questa riuscita; molti dicono e vogliono dire “io c’ero”, io “ho fatto”, io…..! Ma quanti lo possono veramente dire? Cosa, alla fine, resterà di questa Expo? Resterà la Carta di Milano, firmata da milioni di persone e che parla e propone azioni per eliminare la fame nel mondo, le malattie e la mortalità infantile. Rimangono i due milioni di bambini di età compresa tra 8 e 12 anni che hanno visitato il sito e che sono il lascito più importante della manifestazione. Rimangono i quattro milioni di giovani delle scuole medie superiori che hanno domandato il perché delle cose e che saranno i managers del prossimo futuro. Rimangono le occhiate fuggevoli di persone di razze e religioni diverse che non si erano mai guardate prima e che hanno trovato un modus vivendi accettabile. Rimangono i milioni di persone che hanno visitato il sito espositivo e che, con umiltà, hanno detto: “bello! Sono contento di esserci stato, perché ho imparato a sfruttare meglio le risorse che la nostra Terra ci mette a disposizione, ho compreso che l’energia non è infinita, ho capito dove devo cambiare il mio modo di vivere”. E’ cambiata anche la percezione che sia gli italiani che gli stranieri hanno dell’Italia, che è stata in grado di recuperare una situazione senz’altro difficile e complicata, mostrando il lato efficiente ed efficace della Nazione. È poco? Direi di no!
Lion Marco Rettighieri