12 marzo 2015, 9:23
Diritto ad un’alimentazione adeguata, dignità umana, eliminazione della povertà e riduzione delle disuguaglianze, partenariato globale per un’azione efficace, sistemi alimentari sostenibili e inclusive, coinvolgimento di cittadini competenti nel produrre il cambiamento, priorità a gruppi vulnerabili e marginali. Questa la nuvola dei concetti più pronunciati durante i lavori del 7 febbraio che contiene queste parole chiave, pesanti come pietre. Pesanti come l’impegno per il riconoscimento del diritto al cibo, tema del tavolo 1 – tra 47 – della giornata di preparazione della Carta di Milano.
A meno di quattro mesi dal taglio del nastro dell’esposizione universale, invocato e cercato da quanti si erano chiesti quale sarebbe stata l’anima di questa gigantesca impresa, il tema dei diritti entra nell’agenda dei lavori di quella che dovrà diventare l’eredità immateriale che sarà lasciata alla città, al Paese, al mondo, quando a ottobre si spegneranno le luci, i turisti smetteranno di arrivare, quando insomma sarà tempo di rimboccarsi le maniche per la sfida cui EXPO intende dare una risposta: nutrire il pianeta.
Per parlare di diritti bisogna parlare la lingua del diritto. Sembra banale, ma non lo è. La necessità di dare al dibattito una solida base giuridica ci è chiara da quando, oltre un anno fa, abbiamo immaginato un contenitore dedicato alla raccolta, catalogazione ed elaborazione di pratiche giuridiche e politiche attorno al diritto al cibo e al cibo garantito. L’abbiamo fatto assumendoci la responsabilità di essere i primi a porre il problema di una riflessione capace di andare oltre le querelle ideologiche connettendo saperi, attori della società civile, politica e politiche. E a meno di quattro mesi dall’EXPO, il Ministro Martina all’indomani dell’evento dell’Hangar Bicocca, ha formulato l’auspicio che si possa portare «nelle Costituzioni, a partire dalla nostra, il diritto al cibo». Un sogno?
Ora, che si possa o meno fondare sul diritto al cibo il patto costitutivo di un Paese è tema visionario, di grande fascino e altrettanto grande complessità. Ed è altrettanto chiaro a tutti come si possa procedere a piccoli passi verso un’idea di diritto capace di costruire – un mattone dopo l’altro – una nuova idea di cittadinanza, anche in Italia. Con questo spirito costruttivo abbiamo portato il nostro contributo al tavolo 1, “Il mondo che ha fame: vecchi e nuovi poveri e diritto al cibo”, coordinato da Yohannes Mengesha e con la partecipazione di rappresentanti delle Nazioni Unite, della FAO, di varie ONG, Slow Food, e altri.
Un tavolo polifonico e incredibilmente consonante con le principali voci ascoltate durante le sessioni plenarie: da Petrini di Slowfood, al Presidente del Consiglio Renzi, all’ex presidente del Brasile Lula, a Papa Francesco, tutti hanno richiamato una linea strategica fondamentale, che afferma che riconoscere il diritto al cibo, nella pratica, significa mettere in campo politiche di rafforzamento dei sistemi alimentari locali: proprio a partire dalle parole del diritto si costituisce la piattaforma capace di mettere gli attori sociali nella condizione di far valere e reclamare i propri diritti.
Le linee di lavoro che abbiamo portato nel dibattito, in sintesi.
Il diritto al cibo non è un “diritto di carta”. Il diritto al cibo è espressamente previsto in numerose Convenzioni internazionali, a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti del 1948; più di recente, è stato inserito in svariate Costituzioni nazionali, tra le quali, solo per citarne alcune, quella della Bolivia, dell’Ecuador, del Sud Africa, del Brasile.
In tempi recenti assistiamo ad una significativa novità, ossia l’abbandono dell’approccio verticistico in tema di battaglia contro la fame, in favore di un approccio di tipo orizzontale, in cui i Paesi interessati divengono protagonisti attivi: l’ingresso del diritto al cibo nelle Carte Fondamentali di numerosi Paesi testimonia, infatti, la crescente sensibilità dei legislatori verso la tutela dei valori fondamentali della persona e, conseguentemente, degli strumenti volti a garantire la dignità umana.
Il ruolo delle donne nel combattere la fame. Si stima che il 60% degli affamati sia di sesso femminile (fonte: FAO SOFI 2013); le donne, soprattutto quelle che vivono nei Paesi in via di sviluppo, non hanno un accesso paritario alle risorse, all’istruzione, al reddito. Vittime della fame, rappresentano, tuttavia, la risposta più efficace per combatterla e prevenirla. Nei Paesi in cui si soffre maggiormente la fame sono, infatti, proprio le donne ad occuparsi della produzione, trasformazione, e “distribuzione” del cibo. In molti Paesi, inoltre, esse rappresentano l’ossatura portante del settore agricolo. All’interno del nucleo familiare, le donne svolgono un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza alimentare ed il consumo di cibo adeguato dal punto di vista quantitativo e qualitativo. È, pertanto, necessario introdurre ed implementare strumenti che aiutino le donne ad accedere alle risorse, onde consentirne la ridistribuzione all’interno della famiglia, e che le rendano più consapevoli ed informate in ordine ai bisogni alimentari dei propri figli (si veda il tema della c.d. fame nascosta).
Ricerca ed innovazione per il diritto al cibo. L’appuntamento Expo 2015 rappresenta un’occasione unica per far sì che le competenze nei molteplici rami della scienza vengano catalizzate su un tema tanto importante quale “Nutrire il pianeta”. La politica e le Istituzioni devono saper offrire a questo straordinario potenziale la possibilità di strutturarsi e di rappresentare un nuovo, importante valore aggiunto per il nostro Paese. Non dimentichiamo che il tema al centro della prossima Esposizione Universale di Dubai 2020 sarà proprio quello dell’innovazione: occorre, allora, concentrare gli sforzi in termini di ricerca affinché Milano possa divenire la capitale dell’alimentazione.
Expo come campo di promozione di nuove buone regole e di realizzazione di buone azioni. A livello mondiale si stanno sollevando in tempi recenti molte ed autorevoli voci che chiedono la realizzazione effettiva da parte degli Stati del diritto al cibo: basti pensare alla recenti riflessioni della Special Rapporteur Hilal Elver, la quale ha constatato come i Milllennium Goals dell’ONU abbiano fallito nell’obiettivo di riconoscere il cibo come diritto umano, nonché al decalogo enucleato da Kofi Annan per realizzare la food security.
Queste sollecitazioni non possono restare inascoltate: è necessario, pertanto, che Expo in questi mesi si trasformi anche in una piattaforma del fare, rendendo effettivo ed efficace, sin da subito, l’imperativo di “nutrire il pianeta” ed offrendo le prime risposte all’affermarsi del diritto al cibo ed al cibo garantito.