10 maggio 2014, 16:17
Domenica 27 aprile visita alla mostra di Frida Kahlo alla scuderie del Quirinale, guida d’eccezione il Prof Nicola Bellezza, Docente di Storia dell’Arte, Socio del LC Roma Host Castel Sant’Angelo, il quale ci ha introdotto in poco meno di due ore verso l’arte pittorica di Frida Kahlo e di suo marito e maestro, il pittore Diego Rivera le cui opere attraversano la vita, assolutamente eccezionale, dell’artista messicana vissuta, non senza gravi sofferenze di natura fisica, dal 1907 al 1954.
Frida fu una pittrice dalla vita travagliata. Le piaceva dire di essere nata nel 1910, poiché si sentiva profondamente figlia della rivoluzione messicana di quell’anno e del Messico moderno. Affetta da spina bifida, fin dall’adolescenza manifestò una personalità molto forte, unita a un singolare talento artistico e uno spirito indipendente e passionale, riluttante verso ogni convenzione sociale.
All’età di 18 anni, rimase vittima di un gravissimo incidente stradale che cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine che ebbe solo l’arte come unica finestra nel mondo. Fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa. Questa situazione la spinse a leggere libri sul movimento comunista e a dipingere. Il suo primo soggetto fu un autoritratto che donò al ragazzo di cui era innamorata. Da ciò la scelta dei genitori di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori. Iniziò così la serie di autoritratti. “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio” affermò.
Tappa fondamentale della sua vita, l’incontro e poi il matrimonio con Diego Rivera, che divenne anche il suo maestro, con cui condivideva la passione politica, tanto che entrambi diventarono esponenti di punta del Partito Comunista Messicano.
Il prolungato immobilismo, ebbe inizialmente per Frida un effetto sconvolgente e la portò al ricorrente tema dell’autoritratto. Nei suoi ritratti raffigurò molto spesso gli aspetti drammatici della sua vita, il più importante dei quali fu senza dubbio l’incidente del 1925. Il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato caratterizza uno degli aspetti fondamentali della sua arte: crea visioni del corpo femminile non più distorto da uno sguardo maschile. Allo stesso tempo coglie l’occasione di difendere il suo popolo attraverso la sua arte facendovi confluire il folclore messicano.
Nel 1938 il poeta e saggista surrealista Andrè Breton vide per la prima volta il suo lavoro: ne rimase talmente colpito da proporle una mostra a Parigi e proclamò che Frida fosse “una surrealista creatasi con le proprie mani”. A Parigi Frida frequentò i surrealisti facendosi scortare nei caffè degli artisti e nei night club; tuttavia trovò la città decadente.
Nella sua pittura chiari sono i riferimenti a Salvador Dalì, a Pablo Picasso, ma anche e soprattutto al marito Diego Rivera. « Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni», ebbe ad affermare la stessa Frida. In effetti la sua opera, piena di simbolismo, riferimenti alla sua terra natia, alla cultura atzeca, più che surrealista, la identifica come pioniera del “realismo magico”.
Un ringraziamento è dovuto al Prof. Nicola Bellezza e a Chiara Maria Marchetti, segretaria dell’Associazione Culturale “Ambrosia”, per l’organizzazione della magnifica visita.